Eran ottanta

08.02.2013 18:00
Eran ottanta. 
Eran vecchi e malati. 
E sono stati tagliati.
 
Iniziamo con questa parodia de “La spigolatrice di Sapri” per dire che le motoseghe, in azione lungo via Padova a Tencarola, hanno compiuto il loro nefasto lavoro.
Ora i “bagolari”, chiamati anche “spaccasassi” per la loro capacità di ambientamento in terreni rocciosi, sono stati rimossi senza se e senza ma.
La “sentenza d’abbattimento” è stata emessa dall’amministrazione cittadina dopo lettura della relazione, effettuata dal perito incaricato, che indicava le (84) piante come malate e potenzialmente pericolose per l’incolumità dei cittadini.
Praticamente in corso una spaventosa “armageddon arborea”, una pendente spada di damocle sulle teste - e sui tettucci delle auto - dei cittadini transitanti.
Prendiamo atto della certamente corretta e professionale perizia stilata, sulla quale nulla abbiamo da dubitare (anche se ci piacerebbe fosse messa a disposizione del pubblico). Prendiamo ancor più atto della sofferta (si auspica) decisione del sindaco nel procedere al loro abbattimento.
Quando si parla di sicurezza non si può certo transigere.
Quanto è accaduto, però, conferma la visione di una urbanizzazione che costantemente  considera il verde cittadino, in questo caso rappresentato dalle piante d’alto fusto, abbellimenti da rimuovere al minimo problema (di solito un ramo che cade o una radice che marcisce) piuttosto che “creature” alleate  per la nostra reale salute (qualcuno ricorda la fotosintesi clorofilliana?) e principali fornitrici naturali di ristoro durante le afose giornate estive.
Continuiamo a considerare tutte le nostre città incompatibili con un’idea di convivenza urbana di aree verdi e cemento. Al massimo ormai ci limitiamo a progettare aiuole da presepe per le nostre innumerevoli rotonde.
Abbattere un’ottantina di alberi in un colpo solo (pur essendo prevista la piantumazione con altri di specie diversa), senza verificare l’esatta portata reale del problema e tentare possibili operazioni di salvataggio parziale, fa il pari con il medico che va a visitare un malato infettivo e decide di ricoverare non solo la famiglia presente in casa, ma l’intero condominio in nome di una presunta sicurezza sanitaria.
Per non parlare di un paesaggio urbano inesorabilmente sconvolto a colpi d’ascia assieme ai ricordi e la storia personale di coloro che vi risiedono.
Diteci voi quanto sensato sia. (Flavio Boscatto)